La storia di Rocky, anzi ROCI

Robert Rauschenberg, pittore e fotografo americano ricordato dal pubblico per i suoi eclettici e vivaci collages si è, inoltre, impegnato in modo attivo e proficuo al fine di rendere l’arte un catalizzatore di energie positive utili ad un auspicabile cambiamento sociale. L’arte di Rauschenberg fu acclamata ed apprezzata, a livello internazionale, già negli anni Settanta ed Ottanta, quando l’artista aveva cinquant’anni ed era all’apice della sua affermazione. Successo che lo incentivò ad una continua scoperta e ricerca di nuove strategie e collaborazioni al fine di rendere l’arte democratica e realmente universale. Visione progettuale che ha l’apice della sua popolarità tra il 1984 ed il 1991 quando l’artista espone al pubblico il suo ultimo lavoro, ROCI (pronunciabile altrimenti anche come Rocky, il nome della tartaruga domestica dell’artista), si tratta di un lavoro a più mani teso ad abbracciare e coinvolgere diverse culture con l’obiettivo di sottolineare l’importanza di alcuni valori come la libertà espressiva e la centralità dei diritti umani. 

Tale progetto prevedeva un viaggio e, di conseguenza, una mostra itinerante, in dieci differenti nazioni, alcune delle quali erano soggette ad una politica dittatoriale o autoritaria che reprimevano ogni qualsiasi forma artistica e visuale di carattere libero e visionaria, in quanto ogni espressione visiva doveva corrispondere a canoni ben precisi dettati dall’apparato statale. L’artista visitò, nel seguente ordine: Messico, Cile, Venezuela, Cina, Tibet, Giappone, Cuba, l’allora USSR, Germania e Malaysia, terminando il progetto ROCI con una mostra finale che si svolse nella culla della democrazia americana, Washington D.C. 

Come si strutturava a lato pratico tale progetto multiculturale? L’artista, per ogni sua tappa, visitava in primis diverse città della nazione, così da farsi un’idea generale sulla cultura e sulle tradizioni di esse. A questa prima operazione seguiva la progettazione e realizzazione di un’opera unica, prodotta in loco con artigiani locali, che mirava a cogliere in modo esaustivo l’anima di quel popolo. Questo unicum progetto creativo veniva esposto al pubblico, in una mostra facilmente accessibile a tutti, dove gli spettatori avevano la possibilità di scoprire l’arte di avanguardia di Robert Rauschenberg, in quanto oltre all’opera “locale” erano esposti anche diversi lavori dell’artista. La caratteristica principale di tale progetto consisteva nel realizzare differenti opere site-specific in grado, però, di viaggiare con l’artista nelle sue successive tappe, così da essere esposte e messe in relazione con culture differenti. A questi capolavori vanno poi aggiunti gli interessanti ritagli di scritti o di fotografie che l’artista segnava o raccoglieva nel proprio diario durante il suo viaggio. Le fotografie di Rauschenberg coglievano momenti di quotidianità risultanti interessanti ed inusuali agli occhi dell’artista in quanto abituato a standard di vita e sociali differenti, provenendo egli dal ricco Ovest. A tal proposito trovo sia degno di nota citare il lavoro che l’artista realizzò per la sua esposizione a Pechino. L’artista concepì per l’esposizione 7 differenti collages, realizzati in collaborazione con la fabbrica di carta più storica al mondo, la Xuan Paper Mill in Jingxian, situata nella provincia di Anhui. A questo originale lavoro si deve aggiungere un interessante murale dove l’artista aveva esposto le fotografie da lui scattate durante il suo soggiorno in Cina. Forse per noi occidentali tali esposizioni possono risultare banali eppure nella Cina del 1985, anno in cui venne ospitata tale esposizione, tali tecniche pittoriche erano pura modernità, tant’è che Rauschenberg ricevette un certificato di merito dal ministro della cultura cinese. Il progetto ROCI ha permesso l’avvio di un interessante scambio di culture che ha mirato ad abbattere barriere sociali e politiche grazie all’arte, disciplina catalizzatrice, in questo caso, di un liberatorio e quanto mai universale dialogo visivo.

I social networks si pongono l’obiettivo di costruire ponti, di abbattere barriere temporali e geografiche, avvicinando, così, culture e persone distanti. Un buon proposito che, oggi più che mai trova l’apice del suo insuccesso in quanto si noti l’acuirsi di un sentimento di nazionalismo e di retrogradezza. Pur essendo noi millenials agevolati, in quanto disponiamo di mezzi di connessione facilmente accessibili e gratuiti, pecchiamo però di superficialità, dimenticandoci, dunque, l’importanza delle discipline visuali, quali reali simboli di coesione sociale che dovrebbe essere realmente universali e democratici, proprio come lo fu il progetto ROCI di Robert Rauschenberg.

 

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