L’importanza di chiamarsi Dalì


 

Salvador Dalì è stato un artista davvero unico, un genio assoluto che si poteva o apprezzare o odiare. Un provocatore nato, un esuberante ed eccentrico visionario che ha saputo rendere il Surrealismo popolare, ovvero conosciuto ed apprezzato non solo dagli addetti ai lavori ma da qualsiasi individuo. Stupore, sorpresa, eccentricità e senso di smarrimento, questi erano i principi cardini del Surrealismo e Dalì li ha saputi applicare ad ogni ambito della propria vita, da quella artistica a quella più privata. Principi che emergono già dalla figura stessa di Dalì, da questo strano personaggio che amava mostrarsi in pubblico con abbigliamenti davvero particolari, ne è esempio il box di vetro che indossò in occasione di una serata di Gala in suo onore a New York nel 1934. Giusto per citare un caso esemplificativo. 

Questi fatti sono ormai di dominio pubblico e conosciuti ai più, ma esiste un aspetto ancora poco conosciuto della carriera di Dalì e risiede nella sua lungimiranza nel trasformare il proprio operato artistico in una vera e propria industria, perché composta da diversi interpreti. Dovete sapere che Dalì apprezzava il lavoro di artisti a lui contemporanei che decidevano di falsificare le sue opere. Il suo apprezzamento arrivava sino all’espressione massima, ovvero nell’autenticazione del maestro di questi lavori, spartendo poi i proventi, derivanti dalla vendita, con i diretti interessati. Dalì era fermamente convinto che questi falsificatori fossero delle personificazioni della propria figura e dunque li riconosceva non in quanto ladri bensì come multipli di sé stesso. I suoi alter ego, a suo avviso, erano configurazioni del suo io e della sua stessa visione artistica. 

Uno strano pensiero che in Dalì aveva senso di esistere in quanto è la stessa arte surreale a porre in essere tali fondamenti di vita. Però, fu uno solo il vero e proprio alter ego di questo grande maestro, si trattava di Antoni Pitxot, artista spagnolo. Egli nacque a Figueres, in Catalonia, come Dalì, ed entrambi acquistarono una proprietà a Cadaques, coincidenze del tutto non casuali. Questo giovane e sconosciuto artista spagnolo intrecciò una importante amicizia con il maestro Dalì, tanto che il geniale surrealista fu il primo ad appoggiare la carriera artistica di Pixtot. Artista che ricevette, nel 2004, una medaglia al merito in ambito artistico dal monarca spagnolo. Le sue opere rappresentano degli inni alla vita ed alla figura femminile, due temi rappresentati in una chiave squisitamente surreale e fantastica. Le sue donne sono delle veneri moderne vestite di colori naturali e circondate da spazi terrosi e vibratamente caldi. Opere di una sensualità e di una bellezza unica se non fosse che lo stile pare troppo simile a quello di Dalì, così come la composizione stessa delle figure ricorda le donne ritratte dal genio surrealista. A seguito di queste informazioni si aggiunge la onnipresenza di Pixtot all’interno dello studio del maestro surrealista, due importanti elementi che portarono molti storici dell’arte a riflettere sul reale motivo di questo incessante sodalizio lavorativo. 

Si narra, addirittura, che Pixtot realizzasse le opere pittoriche per conto del suo maestro, mentre a Dalì spettava il compito di autografarle, rendendo tali disegni dei veri e propri capolavori invece che dei falsi. Se questo ragionamento corrispondesse al vero bisognerebbe interrogarsi sul valore stesso delle opere di Dalì presenti in numerose collezioni museali; portando il visitatore ad interrogarsi sulla stessa paternità artistica di tali capolavori. 

La storia dell’arte contemporanea ci insegna che in realtà non è l’operatività o il gesto artistico ad avere importanza bensì è l’idea visiva a porre valore ed autorevolezza a numerosi capolavori di arte moderna e contemporanea. Per esempio le opere di Jeff Koons di Cattelan o di Hirst acquisiscono valore per l’idea artistica che vi è alla base, cancellando, di fatto, lo studio e l’analisi sulla attività di realizzazione, che pone in esame la manualità ed abilità tecnica di un artista. Forse, anche in questo Dalì è stato un vero e proprio precursore dei tempi, un visionario che ha saputo e voluto adattare il proprio estro per fini puramente artistici, senza formalizzarsi troppo sulla forma o sulla azione vera e propria puntando unicamente sull’universale e sull’opera finita. 






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