Appuntamento fisso veneziano: la Collezione Guggenheim

Se vi capita di passare per Venezia, da qui sino al 18 Marzo 2024, non potete non prenotare una visita alla Collezione Guggenheim ed alla sua temporanea esposizione: “Marcel Duchamp e la seduzione della copia”.

Il biglietto è unico e comprende una meravigliosa immersione nel mondo della collezionista d’arte Peggy Guggenheim, così da percorrere la sua abitazione privata, sede odierna di una delle più importanti collezioni di arte moderna presenti su suolo italiano per l’arte del Novecento europeo ed americano ed allo stesso tempo potrete visitare la mostra temporanea dedicata a Duchamp. 

Entrando vi consiglio di lasciarvi trasportare dalla bellezza del giardino che vi accoglie, ben delimitato nel suo perimetro e costellato da illuminazioni artistiche del maestro torinese Mario Merz. Luci abbaglianti che nella loro essenza vi riscalderanno il cuore e solleticheranno la vostra immaginazione sulle mille interpretazioni possibili dei sapienti versi illuminati dell’artista. Una volta abbandonato il verde patio e le poetiche luci il visitatore è invitato ad entrare nel salotto dell’ultima dogaressa, così soprannominata in virtù del suo rilevante peso nella società veneziana, in passato come nel presente. Una volta che vi sarete accomodati in questi spazi quotidiani vi sarà possibile cogliere ed analizzare le mille sfaccettature che l’arte ha saputo intraprendere nel corso del Novecento sia nel vecchio continente sia oltre oceano. 

Anche se molti di voi avranno già visitato questa casa museo forse vi siete persi una vera chicca, di sicuro sarà stata instagrammata dai vostri cellulari, ma vorrei che poneste un attimo di attenzione sulla collezione di vetri realizzati dall’artista Egidio Costantini. Questa collezione vi permetterà di cogliere la bravura della collezionista Guggenheim che, appena trasferita a Venezia, ha saputo valorizzare colui che ha saputo insegnare agli artisti come trasformare le loro opere in sculture di vetro, stiamo parlando di Egidio Costantini. Ma questa è un’altra storia su cui forse ci ritorneremo un’altra volta. 

Abbandonati pertanto gli spazi quotidiani di Peggy siamo pronti a percorrere il giardino interno così da entrare nella sala adibita alle mostre temporanee che, ad oggi, accoglie le opere di un genio indiscusso del Novecento, il maestro Duchamp. Nonostante di questo artista si sia ormai esplorato in lungo ed in largo, vorrei qui porre l’accento su come il suo corpus di opere, abbia saputo creare un nuovo gusto creativo, in grado di rivoluzionare la stessa figura dell’artista che diviene, nell’era moderna, un vero e proprio interprete narratore di una produzione, invece, ormai seriale e meccanica. Come anticipato, di Duchamp si è già molto parlato e, forse, abusato in alcuni casi, e pertanto la scelta del curatore della mostra, Paul B. Franklin studioso indipendente ed esperto di Duchamp, è rivolta nel porre in dialogo la figura di Peggy con il grande maestro e critico del Novecento. I due si incontrarono intorno al 1923 a Parigi ma il loro sodalizio lavorativo prese avvio verso gli anni Trenta quando Peggy decisa ad aprire una propria galleria di arte a Londra chiese aiuto al maestro Duchamp, conferendogli il ruolo di mentore e supervisore creativo della collezione artistica della stessa galleria britannica.  A seguito di questo sodalizio lavorativo Guggenheim, avida di conoscenza, si incuriosì alle stesse opere di Duchamp delle quali seppe coglierne le connotazioni moderne ed irriverenti, tanto da divenirne un’accanita collezionista. 

Grazie alle opere di Duchamp è possibile cogliere la sua analisi nei confronti del sistema stesso dell’arte, basato allora su una visione elitaria secondo un concetto di unicità, in netta contrapposizione con i nuovi mezzi espressivi del Novecento, quali la fotografia, strumento unico in grado di produrre opere in modo immediato ed automatico. Ecco, pertanto, l’idea alla base delle opere di Duchamp al fine di scardinare la visione di unico a favore di molteplici copie  riproducibili all’infinito, grazie ad una produzione meccanica e non più manuale, così da estraniare l’artista dal procedimento per poi renderlo protagonista assoluto della sua divulgazione artistica. Un concetto molto attuale che si può constatare quotidianamente sui social media, casse di risonanza in grado di diffondere ed ampliare il bacino di utenti dei nostri messaggi, a cui si contrappone l’idea di fruizione partecipata, che prevede la divulgazione del messaggino originale o di una sua copia reinterpretata e rivista dallo spettatore di turno che diviene a sua volta un creatore stesso. Questo procedimento è riconducibile ad un interminabile vortice in grado di creare una moltitudine di opere e copie di cui difficilmente si riesce a risalire all’idea originaria e di cui noi stessi diveniamo spettatori di un prodotto di cui confondiamo le tracce tra originale e copia, così da abituarci a dar per vero e per unico ciò che noi soli stiamo visionando in quel momento. 

In conclusione lasciatemi porvi come analisi, alcuni aspetti nodali per l’arte secondo il Maestro Duchamp il quale era fermamente convinto “che nel mondo vi siano due tipologie di artisti: coloro che si integrano e fanno parte della società e coloro che invece la ignorano e non condividono alcun aspetto con il mondo reale. Certo i primi dovranno scendere a compromessi perché la loro arte dovrà rispettare alcuni canoni ben precisi, mentre i secondi risulteranno completamente svincolati tali da potergli permettere di essere liberi di esprimere se stessi.” Per questo Duchamp decise di non vivere unicamente della propria arte ma scese a compromessi con la vita per mantenersi così da essere libero di creare, nel suo tempo libero, opere d’arte dal gusto originale e controverso così da divulgare un nuovo “gusto artistico” che ben si può cogliere nella mostra visibile al Guggenheim. 


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